La pace dovrebbe partire dal piatto

La pace dovrebbe partire dal piatto.

Ripropongo oggi queste riflessioni scritte diversi mesi fa (era l’agosto del 2023), perché nel frattempo la mia città di residenza, Verona, si sta preparando alla visita di Papa Francesco.

Qualche tempo fa avevo anche pubblicato la mia lettera al vescovo di Verona, che ripropongo qui. Una lettera che ha ottenuto un piccolo risultato – il vescovo l’ho incontrato, effettivamente, per illustrargli a grandi linee il mio pensiero che poi è il pensiero di tante altre persone – ma che è stata archiviata poco dopo nel dimenticatoio.

Arriva il Papa e sarà accolto da persone che predicano la pace ma… mangiano dolore e ingiustizia. Mi manca qualche passaggio. Io cerco di usare la logica, sempre, e qui di logica ne vedo poca.

Trovo sorprendente che si parli di Pace mentre intorno a noi, ben nascosti ovviamente, stanno morendo, torturati e nell’indifferenza più totale, milioni di animali. Si può parlare di pace quando ci si allena quotidianamente alla violenza nei confronti di altri esseri viventi? Una violenza che viene delegata agli addetti ai lavori, dagli operai che lavorano nelle fabbriche (ripeto, fabbriche e non allevamenti) di animali ai macellatori, e di cui la gente si fa mandante, ogni volta che acquista pezzi di animali morti nei negozi di alimentari.

L’allenamento alla violenza e all’indifferenza, che viene effettuato ogni volta che scegliamo quale cibo mangiare, si ripercuotessi nelle nostre vite. Siamo un’unica entità: anima e corpo. Inutile cercare alibi: le nostre scelte sono strettamente connesse al nostro fisico e viceversa. Trovo pazzesco che tanti credenti, di diverse religioni, non tengano conto di questo e continuino a nutrisi di ingiustizia.

Ecco qui ciò che ho scritto, augurandomi che sia uno stimolo per chi mi leggerà. Soprattutto per chi si definisce amante degli animali ma magari ha ancora l’abitudine di mangiarli. Cambiare si può, migliorarsi è un dovere verso noi stessi e verso gli altri.

La pace dovrebbe partire dal piatto.

Questo, in sintesi, è ciò che penso ogni volta che mi imbatto in riunioni, conferenze, incontri organizzati dalla chiesa e dalle chiese. Abbiamo alle spalle la Giornata Mondiale della Gioventù, che si è celebrata a Lisbona con un’incredibile affluenza di ragazzi di tutta Europa e del mondo intero.

Penso all’impatto straordinario che potrebbero avere le parole del Pontefice rispetto al consumo della carne. Non sarebbe un mondo migliore senza i lager dove muoiono ogni anno miliardi di animali, lontano dai riflettori, per diventare cibo che poi spesso finisce anche in discarica? Siamo lontani anni luce dai tempi in cui un animale poteva servire per sfamare intere famiglie, e viviamo nell’epoca della carne a basso costo, degli allevamenti intensivi, della morte e della crudeltà generata dalla convinzione che l’essere umano valga più degli altri. Come si può parlare di pace, rispetto, armonia, mangiando creature innocenti, spesso neonate, ingrossate e ingrassate da cibi malsani, antibiotici, costrette a vivere in luoghi che negano anche i più elementari diritti? E poi sentirsi a posto, con la coscienza pulita e il cuore leggero? Magari facendo anche ironia sulla sofferenza altrui, cosa ahimè molto comune anche tra coloro che si reputano credenti.

Penso che si debba andare oltre la tradizione, perché nel medioevo tradizione era anche bruciare le streghe, era dare bambine in spose a uomini in cambio di denaro, era negare alle ragazze il diritto allo studio. In nome della tradizione si continuano a perpetrare crimini immensi che offendono la dignità degli esseri viventi.

La pace dovrebbe partire dal piatto. Siamo ciò che abbiamo vissuto, siamo sentimenti e idee, ma siamo anche ciò che mangiamo. Non credo che possa vivere sereno un essere umano che per mestiere tortura animali, li guarda mentre agonizzano, li umilia mutilandoli.

Siamo energia, e l’energia passa anche attraverso il cibo che scegliamo.

In un mondo alla rovescia continuo a pensare che si dovrebbe trovare il coraggio di essere coerenti, di rispettare la vita degli altri, anche se non è umana. Anzi, soprattutto per quello: perché i più deboli hanno bisogno dei forti. Forti pronti a proteggere, ragionare e fare finalmente il famoso collegamento, con consapevolezza e coraggio. Nessuno nasce per essere un numero. E questo le chiese e i rappresentanti religiosi dovrebbero ricordarlo più spesso. La pace è assenza di violenza. In assoluto.

Commenti
Silvia Allegri
Silvia Allegri è giornalista, saggista e appassionata di animali. Organizza attività di approccio con gli animali, trekking someggiati e corsi di scrittura. Partecipa a seminari e conferenze. Per informazioni e contatti scrivi a silvia@silviaallegri.it
Social
Newsletter

Iscrivendosi alla newsletter l'utente accetta di ricevere comunicazioni da parte dei gestori del sito silviaallegri.it nel rispetto della normativa vigente sul trattamento dei dati personali.