Vegan: la fatica di una scelta che anticipa i tempi

Difficile, oggi, avere fatto la scelta di essere vegan, difficile anticipare i tempi e aver intuito una grande verità in tempi di ignoranza, un’ignoranza voluta e mantenuta per evitare di prendersi responsabilità.

Arriverà il giorno in cui i miei colleghi giornalisti televisivi e radiofonici non potranno più sfruttare ignoranza e fanatismi per fare audience, schierando uno contro l’altro il carnivoro e il vegano. Arriverà il giorno in cui chiunque sarà costretto a guardare, senza nascondersi dietro un dito. La stragrande maggioranza, quasi la totalità della carne immessa sul mercato proviene da allevamenti, allevamenti intensivi, e scegliere di mangiare carne e derivati animali significa scegliere di alimentare un mercato basato sulla sofferenza atroce, la prigionia, l’umiliazione quotidiana di milioni di animali.

Siamo in aumento, noi umani che abbiamo fatto una scelta coerente: se ci definiamo amanti degli animali, non ci dobbiamo limitare ad accarezzare il nostro gattino di casa, ma dobbiamo rispettare ogni forma di vita. Eppure la persona vegan deve subire derisioni, battute, accuse che aggiungono dolore a dolore: perché fare ironia sulla sensibilità e la coerenza altrui è una forma di vigliaccheria. Significa non sapersi mettere nei panni degli altri, nemmeno dei propri simili che scelgono di rispettare gli altri abitanti del pianeta. Il 50% del cibo che produciamo finisce in discarica, la gente nel mondo muore ancora di fame mentre in altre parti esistono obesi. Tra il cibo che finisce nella spazzatura ci sono milioni di carcasse di animali (Food Relovution, film da guardare assolutamente a questo proposito).

Mai come adesso, con la mia consapevolezza e la mia scelta di essere coerente a partire da ciò che mangio, capisco le lotte fatte da chi ci ha preceduti nell’intuizione di diritti fondamentali: penso alle prime femministe, ai primi omosessuali scesi in campo, ai primi pacifisti. Anticipare i tempi è una condanna: vediamo ingiustizie che gli altri, quelli che si voltano e non vogliono guardare, non percepiscono. Sicuramente tra cinquant’anni non ci sarò più, e mi chiedo quanto potrà resistere ancora questo pianeta prima il suo collasso. Quanti miliardi di animali moriranno inutilmente, e finiranno nello stomaco di gente inconsapevole, ipernutrita, egoista? Tra cinquant’anni, ammesso che l’umanità continui a sopravvivere a inquinamento, violenze, guerre, ci saranno persone più consapevoli di noi? Quali altri orrori inventeremo per continuare ad alimentare gente sfruttando creature che non possono difendersi? Quali nuovi alibi inventeranno le persone per continuare a fare distinzioni tra animali da compagnia e animali da macello?

L’unico rimpianto che ho è di non essere stata vegan fin da quando ero piccola. D’altra parte un tempo non si conoscevano a fondo tutte le perversioni di cui siamo capaci nei confronti di animali innocenti. Oggi, preferirei morire piuttosto che nutrirmi di veleno e sofferenza contenuti nei prodotti degli allevamenti. L’energia che deriva da una carcassa ti distrugge e tira verso il basso. Ma siccome non voglio perdere la mia voglia di combattere, voglio credere anche che il mio stile di vita possa diventare contagioso, perché l’esempio mio e di altre persone possa essere utile a quella massa inconsapevole, per cambiare la propria alimentazione. Essere coerente è difficile, ma soddisfa da matti. E ogni momento aumenta il mio amore per gli animali, che non sanno mentire e non sono codardi.

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Silvia Allegri
Silvia Allegri è giornalista, saggista e appassionata di animali. Organizza attività di approccio con gli animali, trekking someggiati e corsi di scrittura. Partecipa a seminari e conferenze. Per informazioni e contatti scrivi a silvia@silviaallegri.it
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